L’idea di costruire il campanile

I preparativi per la costruzione dell’attuale bellissimo campanile, si possono far risalire all’inverno 1869-1870. Su incitamento dell’arciprete don Antonio Dalla Rosa, si cominciò a reperire il materiale necessario. In seguito però, essendo sopraggiunte delle difficoltà, il lavoro fu abbandonato e il materiale già accumulato venne impiegato per altri usi, e in parte rubato di notte.
Dall’anno 1880 l’idea della costruzione del campanile sembrò procedere sicura, senza ulteriori intoppi.

Campanile di Fregona - Pro Loco Fregona

Le fondamenta

Grazie allo spirito d’iniziativa dell’arciprete don Andrea Tomé, che aveva già dato prova di particolare intraprendenza riparando la chiesa arcipretale e la canonica gravemente lesionata dal terremoto del 29 Giugno 1873, si rivelò determinante per la costruzione del campanile. Egli infatti non solo dal pulpito fece costante e calorosa opera di convincimento. Allo scopo di agevolare il trasporto dei pesanti massi dal Masaré, ideò perfino uno speciale tipo di carro, detto « car mat », a due ruote senza sponde, trainato da buoi, ma anche a mano.

Il 6 Febbraio del 1881 don Andrea procedette a far nominare dalla popolazione una apposita commissione, presieduta da lui stesso, che si mise subito all’opera dando inizio allo scavo delle fondazioni fino dal 15 dello stesso mese.

Tutta la popolazione della parrocchia, indistintamente, sulla base di turni prestabiliti tra le otto frazioni, lavorò instancabilmente e con grande entusiasmo, chi scavando il pozzo di fondazione della profondità di 20 metri, con base quadrata di 12 metri per lato, chi asportando con le gerle la grande quantità di terra estratta (840 metri cubi) e disponendola tutt’intorno alla chiesa, livellando l’ampio piazzale sovrastante la strada.

I lavori si svolgevano prevalentemente durante i giorni festivi, ma occorsero anche molti giorni feriali; inoltre si ricorda che la frazione di Sonego in più occasioni fece pervenire alla gente che lavorava della infornate di pane.

Il 21 Dicembre 1881, dopo oltre dieci mesi dall’inizio dello scavo, tutto era pronto per la solenne cerimonia della posa della prima pietra delle fondazioni. Alle due del pomeriggio il cancelliere del vescovo Cavriani scese nel pozzo di fondazione per collocarvi, in un punto dove zampillava dell’acqua limpidissima, la pietra benedetta racchiudente una pergamena e delle monete in corso.

Ben tre anni occorsero per portare a termine la muratura delle fondamenta, che era a forma di quadrilatero avente i lati dello spessore di quattro metri e conservando circolare la parete interna, a mo’ di pozzo, un sistema che sarà mantenuto uguale fino alla cima.

Il progettista e scultore Francesco Ciprian

Il disegno prescelto per l’esecuzione del campanile fu realizzato dallo scultore e progettista nativo di Fregona Francesco Ciprian, che si diceva avesse ideato quando era emigrante in Austria, ispirandosi alla Chiesa Votiva di Vienna [la rassomiglianza invece si trova nelle torri del Rathaus di Vienna (n.d.r.)].

Determinato a lasciare alla sua terra un monumento che testimoniasse nei secoli la sua abilità e il suo amore, egli si era accinto con trepidazione all’opera non solo curandone la progettazione fin nei minimi particolari, ma anche sorvegliandone di persona l’esecuzione attimo dopo attimo. Le difficoltà erano molte e d’ogni genere, ma quello che gli procurava maggior fastidio erano le continue interferenze da parte di certi suoi paesani, la cui saccenteria gli era insopportabile a tal punto che un bel giorno ritirò i suoi disegni, deciso a non più collaborare. Buon per noi che in seguito poi tornò sulle sue decisioni altrimenti non potremmo oggi ammirare l’opera compiuta con tutte le decorazioni che l’hanno resa famosa, con l’elegante cella campanaria, le ardite guglie e, in parte, quei singolari « acquaroi » della cima, evocazioni fantastiche di teste di draghi e di leoni, mirabili sculture uscite anche dalle sue mani di provetto intagliatore della pietra.

Francesco Ciprian nacque a Osigo il 2 Giugno 1840, successivamente si trasferì a Vittorio Veneto, dove morì il 7 Dicembre 1918.

I suoi disegni per la progettazione del campanile vennero persi durante i bombardamenti di Treviso, dove viveva una sua nipote, che li possedeva.

Seconda fase dei lavori (1885-1891)

Campanile di Fregona - Pro Loco Fregona

Il 6 Aprile 1885 il segretario del vescovo Cavriani benedì una seconda pietra, che venne posta sopra le fondamenta, oramai giunte all’altezza del piazzale, nell’angolo prospiciente la chiesa, dove il muro di fondazione è più profondo perché poggia su un terreno meno sicuro.

Da questo momento quindi ha inizio la seconda fase dei lavori che porteranno la torre campanaria all’altezza dei primi finestroni, interrompendosi bruscamente nel 1891 per l’improvvisa partenza da Fregona dell’arciprete don Andrea Tomé, animatore infaticabile dell’opera.

Terza fase dei lavori (1891-1909)

Nel Novembre del 1891 fu nominato arciprete don Angelo Ferro, che resosi conto che i lavori per la costruzione del campanile, non ancora giunto a metà, avevano bisogno di un nuovo impulso, provvide subito a nominare una nuova commissione, presieduta da Candido Azzalini, la cui opera, si rivelò determinante per il compimento di questo prestigioso monumento.

A più riprese, ogni qual volta il presidente della commissione glielo richiedeva, rivolse pressante invito alla popolazione perché concorresse, con i mezzi di cui ciascuno disponeva, alla realizzazione dell’opera, non dimenticando che ognuno aveva « un lavoro ben più importante di cui occuparsi nella campagna ».

Nella speranza di portare a termine entro l’anno la cella campanaria, il 26 Giugno 1897 Candido Azzalini, sempre a nome della Commissione, prega l’arciprete di rivolgere in chiesa parole di incitamento per coloro che non abbiano ancora provveduto a versare « la promessa rata pel campanile, ora che la gente sta per incassare denari o per la vendita di bozzoli, o delle prime partite di formaggio », minacciando anche di pubblicarne il nome, perdurando la situazione deficitaria.

Alle soglie del nuovo secolo, « tra scosse e scosserelle », ossia con contributi in denaro più o meno sostanziosi da parte di enti pubblici e da privati, « la Fabbrica del Campanile », che aveva già compiuto « una sì bella ed inoltrata opera », era oramai pronta per il balzo finale.

Il 12 Gennaio 1907 la Fabbrica del Campanile vede venir meno, a soli 57 anni, il suo più infaticabile e convinto promotore, Candido Azzalini.

Il campanile restò, ed è tuttora, mancante della sua cuspide; si dice che doveva essere alta ben 12 metri, a partire dalla base di quelle fascinose otto guglie, terminanti con il caratteristico fiorone, che ricordano « in numero mistico le otto beatitudini del Vangelo secondo s. Matteo, perfezione somma della virtù e causa della nostra speranza ». Incompiuta quindi è rimasta l’opera più rappresentativa di Fregona, ma non certo per la mancanza di generosità del suo popolo.

Le Campane

Non avrebbe senso parlare di un campanile senza ricordare le sue campane. Forse a qualcuno oggi, ossessionato da questa nostra società dei rumori, il loro squillo può dar fastidio, ma non dobbiamo dimenticare che esse in passato hanno ritmato le nostre giornate e, suonando a distesa, a martello od anche a morto, hanno segnato le tappe più importanti della vita di ognuno.

In verità, i « terzi » e le « allegrezze », soprattutto quelli suonati dai giovani di Breda, erano famosi in tutta la zona, tanto da ispirare una delle pagine più celebri e poetiche del romanzo « Il più forte », dello scrittore vittoriese Emilio Zanette.

A partire dalla Pasqua del 1961 le campane si sono dovute elettrificare; scriveva infatti l’allora arciprete don Raffaele Lot: « Siamo orgogliosi di avere (dopo la Cattedrale) il terzo di campane più grande della diocesi, e non abbiamo la soddisfazione di sentire suonare i terzi di una volta, perché manca la forza ».
C’è però qualche persona anziana che rimpiange ancora il « triplice concerto », regolare e poetico di una volta, quando era guidato da mani abili e da orecchi attenti, e si diffondeva dolcemente nelle valli « come vecchie voci destando una religiosa commozione nei casolari lontani ».

Campanile di Fregona - Pro Loco Fregona

Le peripezie occorse alle tre grandi campane, di cui due fuse nel 1907, fatte precipitare dall’alto del campanile e quindi asportate dagli Austriaci invasori il 4 Giugno 1918, ci sono note per essere state raccontate da Mons. Toja in un suo manoscritto, nel quale viene rilevato anche che « i barbari invasori » manomisero l’orologio del campanile, quello precedente all’attuale, con i numeri romani.

Il 23 Marzo 1920, tra l’entusiasmo e la commozione generale, vennero trasportate a Fregona, su dei robusti carri trainati da buoi, le tre nuove campane fuse poco tempo prima dalla ditta De Poli di Vittorio Veneto.

La più grande di queste, che pesava 2220 Kg., l’8 Febbraio 1927 si ruppe. Le tre nuove campane arrivarono da Bassano il 29 Ottobre 1927; nello stesso giorno partirono per la stessa località le tre vecchie. Dopo solo pochi mesi alle due minori si ruppero i manici che le tenevano sospese ai ceppi. Le nuove campane furono consacrate dal vescovo Beccegato l’8 Giugno 1928.

La campana grande (♪ Sib3) venne rifusa nel 1950 ed è dedicata a “Santa Maria Assunta”. La media (♪ Do4) è dedicata a “San Martino”, venne rifusa nel 1994. La piccola (♪ Re4) è ancora del 1927.

Danni causati dai terremoti del 1936 e del 1976

Il terremoto del 18 Ottobre 1936, anche se meno intenso e meno disastroso di quello del 29 Giugno 1873, provocò egualmente gravi danni all’abitato di Fregona. Il divieto imposto dal parroco ai gestori delle giostre di sistemarsi, come di abitudine, ai piedi e attorno al campanile in occasione della tradizionale sagra della terza di ottobre si rivelò provvidenziale, perché le violente e prolungate scosse sussultorie e ondulatorie verificatesi proprio la mattina della sagra alle ore 4.10’.22”, fecero cadere tutti e quattro i pinnacoli ai lati del campanile.

Anche il recente terremoto del 6 Maggio 1976, che ha colpito con particolare violenza la parte settentrionale del Friuli, ha fatto cadere una punta di detti pinnacoli, che è precipitata al suolo trascinando con sé anche l’impianto della trasmissione elettrica delle campane, oltre ad una balaustra per la lunghezza di 10 metri. I lavori di riparazione furono fatti eseguire con tempestività dall’arciprete don Raffaele Lot, che in precedenza aveva costruito la nuova balaustrata in cemento della cella campanaria, fornendo quest’ultima di ceppi nuovi in ghisa per il sostegno delle campane e rinnovando l’impianto del parafulmine.